Venerdì 21 Dicembre 2018
Questa iniziativa è l'occasione per riscoprire la madreperla, spesso soprannominata "l'oro nero degli atolli", attraverso antiche cartoline illustrate che raffigurano questa attività fondamentale della Polinesia.
La madreperla ha svolto un ruolo essenziale nel Pacifico orientale, utilizzata non solo per fabbricare strumenti e ornamenti cerimoniali, ma anche per creare ornamenti per la parte superiore del corpo.
Le perle estratte dalle ostriche nacriere venivano inoltre trasformate in pendenti e altri oggetti di valore.
L'importanza della pesca alla madreperla è evidenziata fin dai primi contatti tra gli isolani e gli europei, rivelando un sapere ancestrale che attraversa i secoli.
Un rapporto del 1863 ci offre uno spaccato della vita dei sub polinesiani dell'epoca, sottolineando la loro agilità e le loro tecniche di immersione.
Questi sub, provenienti principalmente dalle famiglie locali, potevano raggiungere profondità impressionanti di 25-30 metri nelle lagune delle Tuamotu per recuperare le ostriche, che venivano poi consumate o vendute ai commercianti.
Questo know-how si trasmetteva di generazione in generazione, creando un rapporto simbiotico con l'oceano.
Nel XIX secolo, il commercio dei Mari del Sud si sviluppò, con la madreperla come prodotto di punta accanto all'olio di balena, al copra e alla frutta.
Già nel 1820, la madreperla polinesiana era ricercata nelle grandi città europee, trasformata in vari oggetti come ventagli, scatole portagioie, dadi, domino e bottoni, molto richiesti all'epoca.
La raccolta delle ostriche perlifere nelle lagune polinesiane si è rapidamente evoluta, con pescatori sempre più specializzati per ottenere esemplari di grandi dimensioni.
I sub delle Tuamotu erano riconosciuti a livello mondiale per la loro abilità nel raccogliere queste ostriche in acque talvolta molto profonde.
Tuttavia, lo sfruttamento intensivo delle lagune da parte dei trafficanti e delle compagnie perlifere, fino agli anni 1950, ha talvolta esaurito le risorse naturali delle zone più ricche.
Con l'arrivo degli scafandri a partire dal 1880 e delle prime maschere da immersione nel 1908, i metodi di pesca si modernizzarono.
La profondità delle immersioni necessarie per strappare le madreperle dal fondo corallino aumentò progressivamente, rendendo la pesca sempre più tecnica e complessa.
I giacimenti migliori della Polinesia furono identificati ed estratti su larga scala a partire dagli anni 1850, segnando una svolta nella storia della perlicoltura della regione.
Martedì 18 Dicembre 2018
Questa iniziativa si inserisce nel quadro di una riforma legislativa di grande portata, adottata nel luglio 2017, volta a dare nuovo slancio all’industria perlifera in Polinesia.
Una Filiera in Crisi che Necessitava di una Riforma
Da diversi anni, il settore delle perle era in crisi e necessitava di una revisione totale della legislazione per adattarsi meglio alle sfide del settore.
La legge pubblicata nel luglio 2017 è stata concepita per regolare le attività professionali legate alla produzione e commercializzazione dei prodotti perliferi e della madreperla.
Il suo scopo principale è garantire una gestione sostenibile della risorsa e preservare l’ambiente, una preoccupazione essenziale per il futuro di questa industria.
La Voce della Professione
Aline Baldassari, presidente della TPAFP, sottolinea l’importanza di questa riforma, che considera una risposta indispensabile alle richieste dei professionisti e alle difficoltà di commercializzazione.
La riforma mira anche a semplificare i processi amministrativi, spesso percepiti come un ostacolo dai perlicoltori.
Misure Chiave della Riforma
La legge, votata nel luglio 2017 e completata da 12 decreti fino al settembre 2018, introduce diverse misure fondamentali per strutturare la perlicoltura.
Tra queste figurano l’obbligo di dichiarazione dei volumi di produzione, il rilascio di carte professionali per ogni mestiere e le dichiarazioni obbligatorie su scorte, acquisti e vendite.
Un’altra misura importante è la necessità di ottenere un parere tecnico prima di importare i nuclei, garantendo così la qualità e la conformità dei prodotti.
La legge impone inoltre il détroquage obbligatorio delle ostriche perlifere prima del loro trasferimento, stabilisce quote di produzione e introduce limiti ecologici e gestionali.
L’valutazione dello spessore della madreperla delle perle coltivate diventa una nuova esigenza, per assicurare la qualità .
La riforma prevede anche la creazione di un consiglio della perlicoltura e di comitati locali di gestione per rafforzare la governance del settore.
Verso una Rinascita del Settore
Sebbene gli effetti positivi della riforma richiederanno due o tre anni per concretizzarsi pienamente, essa rappresenta una vera e propria rivoluzione per il settore.
L’obiettivo è rilanciare la filiera perlifera e riqualificare l’immagine della perla di Tahiti a livello internazionale.
Il successo di questa riforma dipenderà dalla capacità di adattamento dei professionisti e dall’impegno totale degli attori della filiera, per garantire la continuità e la prosperità di questo settore chiave per la Polinesia.
Sabato 15 Dicembre 2018
In questo articolo, esploriamo i criteri essenziali per scegliere la perla ideale, una decisione che può variare a seconda delle preferenze culturali e personali.
La bellezza di una perla è innanzitutto soggettiva, ma diversi criteri possono guidare la vostra scelta per trovare quella che vi corrisponde meglio.
Ecco una panoramica degli elementi chiave da considerare per fare la scelta migliore.
Forme delle Perle : Le perle di Tahiti si presentano in tre grandi categorie di forme: sferiche (perfette o semiperfette), simmetriche (a goccia, ovali, a bottone, semi-baroque) e asimmetriche (barocche).
Superficie e Lucentezza : È fondamentale verificare lo stato della superficie della perla, ricercando difetti come cerchi, puntini, graffi o fessure.
La lucentezza, che corrisponde alla capacità della superficie di riflettere la luce, varia dal brillante (quando è eccellente) fino a un aspetto opaco per le perle di qualità inferiore.
Categorie di Perle : Le perle sono classificate dalla categoria TOP GEM (perle perfette) fino alla categoria E (perle con imperfezioni visibili).
Questa classificazione si basa sullo stato della superficie, sulla lucentezza e sul livello di imperfezioni.
Criteri Supplementari : Il colore principale della perla deve essere omogeneo e uniforme, con eventuali sfumature secondarie.
Anche lo spessore dello strato di madreperla attorno al nucleo e la dimensione della perla — che varia generalmente tra 8 e 14 mm (fino a 21 mm in casi eccezionali) — sono fattori decisivi nella scelta.
In sintesi, la scelta della perla ideale si basa su criteri quali forma, superficie, lucentezza, categoria, colore e dimensione.
La campagna della TPAFP mira a sensibilizzare i Polinesiani su questi aspetti, affinché possano fare scelte consapevoli quando selezionano una Perla di Tahiti.
Venerdì 14 Dicembre 2018
Secondo Aline Baldassari, presidente della Tahitian Pearl Association of French Polynesia (TPAFP), queste contraffazioni sono ormai difficili da distinguere persino per i professionisti del settore, esponendo i consumatori al rischio di confusione.
Sebbene siano state esplorate soluzioni tecnologiche per garantire la tracciabilità delle perle, queste iniziative si scontrano con vincoli economici.
Per affrontare questa situazione, la TPAFP propone la creazione di un marchio distintivo destinato a proteggere la Perla di Tahiti sul mercato internazionale.
Questo marchio avrebbe l’obiettivo di certificare l’origine e la qualità delle perle attraverso criteri rigorosi, come l’uso di un nucleo autentico e di madreperla proveniente esclusivamente dai Tuamotu.
Questa etichettatura, che sarà registrata in Francia e tutelata dal diritto europeo, mira a rafforzare l’immagine autentica delle perle di Tahiti e ad assicurare la fiducia dei consumatori a livello globale.
Parallelamente, saranno avviate campagne di verifica a Hong Kong per evitare l’uso illecito del marchio “Perla di Tahiti†da parte dei produttori di false perle nere.
In questo modo, l’iniziativa intende preservare l’integrità della perlicoltura tahitiana e garantire la provenienza delle perle vendute sui mercati internazionali.
Giovedì 13 Dicembre 2018
Oggi vi invitiamo a scoprire i diversi mestieri coinvolti nel processo di creazione di questo prezioso gioiello.
La perla, autentico dono della natura, richiede l’intervento di diversi specialisti lungo tutto il suo percorso di trasformazione in un brillante gioiello.
Regolati dalla nuova legge del 2017 sulla perlicoltura, questi professionisti svolgono un ruolo essenziale nello sviluppo e nella valorizzazione della perla.
Ecco una panoramica dei protagonisti che partecipano a questa avventura.
Il Commerciante di Nuclei: Indispensabile per la produzione della perla di coltura, il nucleo — una piccola sfera di madreperla inserita nell’ostrica — viene acquistato, riciclato o importato dal commerciante prima di essere venduto ai produttori.
Il Tecnico Innestatore: Specialista dell’innesto, questo professionista introduce, in modo chirurgico, un corpo estraneo nell’ostrica per avviare la formazione della perla.
L’abilità e l’esperienza dell’innestatore sono fondamentali per il successo dell’operazione.
Il Produttore di Ostriche Perlifere: Responsabile della fecondazione artificiale, dell’allevamento delle larve e del trasferimento delle ostriche, il produttore gestisce l’intero processo, dalla fissazione delle larve alla vendita delle ostriche.
Il Produttore di Prodotti Perlieri: Si occupa dell’innesto, dell’allevamento e della raccolta delle perle.
È autorizzato a vendere ed esportare prodotti grezzi o lavorati derivanti dalla sua produzione.
Il Commerciante di Prodotti Perlieri: Acquista prodotti perlieri dai produttori e li rivende ai clienti, principalmente ai dettaglianti, per rifornire il mercato.
Il Gioielliere Dettagliante: Acquistando all’ingrosso o al dettaglio, si occupa della rivendita di prodotti perlieri grezzi, lavorati o montati in gioielli o oggetti di gioielleria.
L’Artigiano Dettagliante di Prodotti Perlieri: Specializzato nella vendita di articoli tradizionali in perle montate, contribuisce alla diffusione di oggetti artigianali.
Infine, il Centro dei Mestieri della Madreperla e della Perlicoltura (CMNP), situato a Rangiroa, offre una formazione completa ai futuri professionisti del settore, coprendo le tecniche di base della perlicoltura e dell’innesto in un percorso di 24 mesi.
Per ulteriori informazioni sulle formazioni e le professioni legate alla perlicoltura, è possibile contattare la Direzione delle Risorse Marine o direttamente il CMNP di Rangiroa.
Mercoledì 12 Dicembre 2018
In questo articolo vi invitiamo a immergervi nella storia affascinante di questo gioiello, dalla sua comparsa 550 milioni di anni fa fino al suo sviluppo nelle moderne fattorie perlifere della Polinesia.
L’Ostrica Perlifera: Una Storia che Risale a 550 Milioni di Anni
Le ostriche, appartenenti alla vasta famiglia dei molluschi, condividono un antenato comune con vermi, lumache e polpi.
550 milioni di anni fa, molto prima dell’esplosione del Cambriano, apparvero i primi bivalvi madreperlacei, dando origine a oltre 8.000 specie di bivalvi, di cui 2.800 in grado di produrre perle.
La Pinctada margaritifera, detta anche ostrica dalle labbra nere, è la specie emblematica delle acque polinesiane. Presente nell’Oceano Pacifico e nell’Oceano Indiano, produce perle che vanno dal bianco-grigio al nero, con la varietà cumingii della Polinesia che dà vita a perle nere dai riflessi iridescenti unici.
Dalla Pesca Tradizionale allo Sfruttamento Eccessivo
Gli antichi Polinesiani utilizzavano la madreperla e le perle per realizzare oggetti cerimoniali e artigianali.
Tuttavia, con l’arrivo degli Europei, la domanda di madreperla aumentò, aprendo nuovi mercati.
La pesca tradizionale, praticata dai sub, era inizialmente sostenibile, ma nel XIX secolo si organizzò uno sfruttamento intensivo che portò alla scomparsa delle ostriche nelle acque poco profonde.
La madreperla divenne una merce preziosa, utilizzata per la produzione di bottoni e articoli di moda.
Le Fattorie Perlifere della Polinesia: Da Esperimento a Industria da Miliardi
Negli anni ’50, mentre la pesca eccessiva minacciava le ostriche selvatiche, la creazione di una fattoria sperimentale a Hikueru nel 1961 segna l’inizio dell’acquacoltura perlifera in Polinesia.
Sotto la direzione di Jean-Marie Domard e con l’esperienza di un innestatore giapponese, l’esperimento ebbe successo, rivelando il potenziale delle perle di Tahiti.
Questa svolta portò alla creazione di fattorie private, spingendo la Polinesia verso un’industria fiorente.
Gli anni ’80 videro il boom spettacolare dell’industria perlifera in Polinesia, con esportazioni che superarono i 10 miliardi di franchi CFP nel 1990.
Tuttavia, un decennio di crisi dovuto alla sovrapproduzione e al calo di qualità mise l’industria a dura prova.
La regolamentazione rigorosa e la pazienza permisero la rinascita del settore.
Oggi, nonostante alti e bassi, la perlicoltura rimane la seconda fonte di valuta estera per la Polinesia.
L’Impero di Robert Wan
Nel 1974, Robert Wan entra nel mondo della perlicoltura acquistando Tahiti Perles.
Diventa il più grande produttore ed esportatore mondiale di perle nere, portando la Polinesia sulla scena internazionale del lusso.
Sebbene il crollo del mercato del 1998 lo abbia costretto a una pausa, il suo successivo ritorno lo ha mantenuto come figura di spicco dell’industria perlifera mondiale.
Così, dai suoi inizi modesti fino allo splendore attuale, la perla di Tahiti rimane un gioiello inscindibile dalla storia e dall’economia della Polinesia francese.