Tre temi sensibili sono stati posti al centro del dibattito: la gestione dei rifiuti perliferi, il ritorno degli innestatori stranieri e la proliferazione delle microplastiche nelle lagune.

Le conclusioni di un recente studio, corroborate dalle campagne annuali di raccolta, hanno rivelato una gestione praticamente inesistente dei rifiuti derivanti dall’attività perlifera nell’arcipelago delle Gambier.

Ad oggi, non è stata messa in atto alcuna soluzione di trattamento o riciclaggio, lasciando i rifiuti ad accumularsi senza alcun controllo.

Altro motivo di preoccupazione: l’indisponibilità degli innestatori stranieri, principalmente cinesi, essenziali per la produzione.

I perlicoltori attendono ancora una risposta da Tahiti riguardo alle modalità di rimpatrio o di autorizzazione all’ingresso sul territorio, condizione indispensabile per il riavvio di numerose fattorie perlifere.

Infine, le microplastiche, un flagello invisibile, si ritrovano ormai persino all’interno delle perle.

Secondo l’Ifremer, queste particelle sono già rilevabili sui nuclei prima che si formi lo strato di madreperla.

Sebbene invisibili a occhio nudo, la loro presenza è stata confermata al microscopio, alimentando ulteriormente le preoccupazioni sulla qualità e sulla tracciabilità del prodotto finale.

Nonostante queste sfide ambientali e logistiche, la perlicoltura locale fatica a ritrovare il proprio equilibrio, ancora segnata dalle conseguenze della crisi sanitaria.

La riunione di Rikitea illustra una presa di coscienza collettiva, ma anche l’urgenza di risposte concrete per salvaguardare un’attività vitale per l’economia delle isole.